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FITZCARRALDO
FITZCARRALDO
CIN. REVOLUTION
V. RESTAURATA
FILM EVENTO
V.O.S.
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Durata: 158 min

Genere: Avventura, Dramma

Lingua: Originale con sottotitoli italiani

Regia: Werner Herzog

Con: Klaus Kinski, Claudia Cardinale, José Lewgoy, Miguel ángel Fuentes, Paul Hittscher, Huerequeque Enrique Bohórquez, Grande Ote...

Opera culmine del cinema di Herzog, Fitzcarraldo, a più di quarant’anni dalla sua nascita, colpisce oggi, ancor più di ieri, per la grandiosità dell’impianto visivo e la potenza della messa in scena. Se è vero, in effetti, che tra tutti i film del cineasta tedesco questa potrebbe apparire sulla carta la più lineare e “scontata” delle sue produzioni, non si può negare, al tempo stessa, come essa sia anche quella più memorabile e decadente. Ciò che lo spettatore ha di fronte, è forse l’ultimo anelito di una concezione del cinema d’autore, maestosa e “sprecona”, che fa dell’eccesso produttivo, vero o presunto, la sua cifra stilistica distintiva. Al pari dei grandi visionari della Settima arte (von Stroheim, tanto per ricordarne uno), il regista monacense sembra non volersi fermare di fronte a nulla pur di visualizzare il suo affresco cinematografico. Non lo spaventa la costruzione di una vera e propria imbarcazione, né lo preoccupa l’idea di metterla sulle spalle di centinaia di comparse indios che trasportano il pesante fardello tra le insidie della foresta amazzonica, in un progetto costato all’epoca otto miliardi di vecchie lire e che si è protratto per tre anni tra mille perigli e difficoltà varie – non ultimi i “capricci” della sua star, Klaus Kinski. Quello che oggi verrebbe semplicemente risolto con il computer o gli effetti digitali e che ieri veniva al più realizzato con l’ausilio di modellini, Herzog lo vuole nella realtà quasi fosse alla ricerca di immagini “non consunte” dalla globalizzazione, capaci di trasudare sangue e fango, lacrime e sudore. Ma al di là di tutto ciò, in Fitzcarraldo culmina anche il desiderio sincero del regista di concludere un discorso già iniziato e portato avanti passo passo nelle sue opere precedenti. Si tratta di un’arringa di sconcertante profondità a favore della “diversità”, qui esemplificata nella presentazione degli indios visti come “forza lavoro” da tutto il mondo occidentale e nella riproposizione dell’ennesimo personaggio del sognatore “folle”, interpretato con insuperabile maestria da Klaus Kinski. Un discorso dunque che parla della capacità del “diverso” ad obbligarci a comprendere noi stessi. Perché nella visione quasi ”nietzschiana” di Herzog quando noi guardiamo in quell’abisso che è lo sguardo degli altri, è l’abisso che guarda in noi e ci disvela la verità.

158 min

Genere: Avventura, Dramma

Lingua: Originale con sottotitoli italiani

Regia: Werner Herzog

Con: Klaus Kinski, Claudia Cardinale, José Lewgoy, Miguel ángel Fuentes, Paul Hitt...

Opera culmine del cinema di Herzog, Fitzcarraldo, a più di quarant’anni dalla sua nascita, colpisce oggi, ancor più di ieri, per la grandiosità dell’impianto visivo e la potenza della messa in scena. Se è vero, in effetti, che tra tutti i film del cineasta tedesco questa potrebbe apparire sulla carta la più lineare e “scontata” delle sue produzioni, non si può negare, al tempo stessa, come essa sia anche quella più memorabile e decadente. Ciò che lo spettatore ha di fronte, è forse l’ultimo anelito di una concezione del cinema d’autore, maestosa e “sprecona”, che fa dell’eccesso produttivo, vero o presunto, la sua cifra stilistica distintiva. Al pari dei grandi visionari della Settima arte (von Stroheim, tanto per ricordarne uno), il regista monacense sembra non volersi fermare di fronte a nulla pur di visualizzare il suo affresco cinematografico. Non lo spaventa la costruzione di una vera e propria imbarcazione, né lo preoccupa l’idea di metterla sulle spalle di centinaia di comparse indios che trasportano il pesante fardello tra le insidie della foresta amazzonica, in un progetto costato all’epoca otto miliardi di vecchie lire e che si è protratto per tre anni tra mille perigli e difficoltà varie – non ultimi i “capricci” della sua star, Klaus Kinski. Quello che oggi verrebbe semplicemente risolto con il computer o gli effetti digitali e che ieri veniva al più realizzato con l’ausilio di modellini, Herzog lo vuole nella realtà quasi fosse alla ricerca di immagini “non consunte” dalla globalizzazione, capaci di trasudare sangue e fango, lacrime e sudore. Ma al di là di tutto ciò, in Fitzcarraldo culmina anche il desiderio sincero del regista di concludere un discorso già iniziato e portato avanti passo passo nelle sue opere precedenti. Si tratta di un’arringa di sconcertante profondità a favore della “diversità”, qui esemplificata nella presentazione degli indios visti come “forza lavoro” da tutto il mondo occidentale e nella riproposizione dell’ennesimo personaggio del sognatore “folle”, interpretato con insuperabile maestria da Klaus Kinski. Un discorso dunque che parla della capacità del “diverso” ad obbligarci a comprendere noi stessi. Perché nella visione quasi ”nietzschiana” di Herzog quando noi guardiamo in quell’abisso che è lo sguardo degli altri, è l’abisso che guarda in noi e ci disvela la verità.
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